lunedì 4 maggio 2009

Louis-Ferdinand Céline: Lettere d'Africa






LETTERE D'AFRICA
di Gilberto Tura

A testimonianza dell'avventura coloniale africana del poco più che ventenne Louis Destouches, quale amministratore di una piantagione di tabacco in Camerun per conto della Compagnie Forestiere Sangha Oubangui, restano ottandue tra lettere e cartoline che nel 1978 Gallimard pubblicò sul quarto volume dei Cahiers Céline. Nello stesso volume si trovano pubblicate anche due poesie e la novella Des vagues (quest'ultima pubblicata in Italia con il titolo Le onde nel 2008 dalle Edizioni Via del vento a cura e con la traduzione di Anna Rizzello) coeve alle lettere. La principale destinataria delle missive é l'amica d'infanzia Simone Saintu, poi seguono quelle ai genitori e un paio ad Albert Milon, un vecchio amico con il quale aveva condiviso la camera d'ospedale durante il periodo di cura a seguito della grave ferita riportata al braccio destro, causata da un proiettile che lo aveva raggiunto al ritorno da una rischiosa missione di collegamento sul fronte di guerra nella Fiandra occidentale. Quattordici delle ottantadue lettere sono apparse in Italia nel 1985 sul numero primo e secondo della rivista letteraria In forma di parole, alcune integralmente altre parzialmente, tradotte e commentate da Sandra Teroni. L'esperienza africana, durata poco meno di un anno, segnerà nel profondo l'animo del futuro medico-scrittore, tanto che, quindici anni più tardi, la utilizzerà per creare uno degli episodi più toccanti e memorabili del Voyage.

Di seguito una lettera all'amica Simone Saintu. Notare le irregolarità ortografiche e della punteggiatura che sono state trascritte in maniera assolutamente fedele all'originale.

Sotto il ramo! - ? -
14 luglio.
Mia cara Simone.
Oggi 14 luglio, dove sono?
Neppure io lo so, so che due anni fa
ero a Longchamp, in mezzo a tanti
altri che non ci sono più, e dopo, sono
successe tante, tante tristi cose.
Sono triste anch'io, oggi, chissà
perché, che sia la febbre, o il passato,
forse tutti e due
Sono quasi otto giorni che vado
avanti, sotto la foresta, non ho ancora
incontrato nessuno, e, se le carte
dicono giusto, non incontrerò nessuno
prima di quindici giorni
Ci sono, mia cara Simone, dei
momenti grigi, in cui per una ragione
o per l'altra, tutto l'essere si lascia
andare, un'intima sensazione di
disgusto vi invade la gola. l'odore di
concime umido che il suolo esala
diventa insopportabile, i negri ancora
più neri i gesti si fanno stanchi, mille
riflessioni scoraggianti affluiscono alla
mente, se non ci fate attenzione, è lo
svaccamento generale e naturalmente la
febbre -
Di sera, soprattutto, quando sotto
la grande volta dei rami ho sistemato
l'accampamento e tutti i portatori
dormono, e faccio cuocere il mio pezzo
di scimmia giornaliero, su un focherello
recalcitrante di legno umido, e per una
ragione o per l'altra sono incupito mi
invade una sorta di timoroso pudore,
ho paura nella grande caverna che gli
alberi formano, cerco invano le stelle, i
mille gridi di animali che l'eco
ingingantisce ancora mi sembrano
protestare contro la mia presenza.
E vi confesso che in questi momenti
evito di urtare col mio unico cucchiaio
le pareti della mia unica casseruola, per
paura di far rumore.
Allora pian piano mi lascio andare
a riflessioni malinconiche sul mio stato
vagabondo... ma subito evoco il piatto
quadro del confort europeo, della vita
insulsa, ordinata, misurata, pesata,
compassata, commentata, di quelli di
laggiù, ottusi, rompiscatole, pretenziosi
meschini, e la mia noia sparisce, mi
sento liberato dall'angoscia, protetto da
tutto questo grazie alla mia grande
solitudine -
E se qualcuno potesse osservarmi mi
vedrebbe raddoppiare le attenzioni al
mio focherello, umido e racalcitrante,
che faticosamente cuoce un pezzo di
scimmia coriaceo, nella mia unica,
casseruola
Il vostro vecchio amico -
Louis -

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